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giovedì 27 agosto 2020

U Pitirri







RICETTA SICULA MOLTO ANTICA CHE RISALE A 2000 ANNI FA.

Come la gran parte delle parole siciliane, questa rientra in quelle che racchiudono un mondo: una sintesi della cultura sicula mista alla tradizione. Per dimostrarlo, parto dal significato del Pitirri e come ci si arriva. Premesso che è un piatto simile alla polenta a base di semola di grano duro, ma più ricco di ingredienti, tipico della provincia di Caltanissetta, dove un tempo abbondavano le miniere di zolfo. Il termine “Pitirri”, nasce dalla colorazione che la pietanza assume, dopo la cottura, che appare molto simile al colore della polvere dello zolfo che ammantava le strade, e che nel dialetto siculo, si chiama Pitirri.

La colorazione che assume la pietanza è dovuta al mix di ingredienti che la rilasciano: finocchietto selvatico e verdure varie.

É un piatto poco conosciuto dalle nuove generazioni, e per tale motivo, desidero offrire, attraverso il mio blog, un piatto molto ma molto antico della cucina siciliana che risale a 2000 anni fa.


Ingredienti per l’impasto


1 kg di Farina di Semola di grano duro

5 Uova medie

Sale q.b.

 

Ingredienti per il condimento

1 cipolla

1 carota

1 rametto di finocchietto selvatico

1 pomodoro maturo

1,5 lt di acqua

delle verdure a scelta

 



Preparazione dell’impasto

Su una spianatoia di legno o dove vi verrà più comodo, disponete la farina di grano duro a fontana e al versate, in sequenza, le uova, uno alla volta, lavorando l’impasto incominciando dai bordi del centro e formare dei grossi grumi, sino ad esaurimento delle uova, continuando a mescolare. Poi, strofinate l’impasto con due mani, lavorandolo a lungo, mantenendo i grumi grossi. Di seguito, setacciate l’impasto al fine di ottenere dei granelli di impasto più piccoli che dovranno essere poggiati su una tovaglia.

 Preparazione del Condimento

La scelta delle verdure dipende dalla stagione e dai vostri gusti, quindi, alle carote, cipolle, finocchietto e pomodoro, potrete aggiungere, cicoria, spinaci, sedano, quel che vi piace.  Quindi, pulite e tritate le verdure, a piccoli tocchi e fateli cucinare in una pentola molto capiente, nel litro e mezzo di acqua.

Quando le verdure saranno cotte, versate, a pioggia, e lentamente, l’impasto, mescolando continuamente, con un cucchiaio di legno, sino a quando sarà cotto. Secondo la ricetta tradizionale, l’impasto finale dovrà avere una giusta cremosità. Potrete aggiungere l’olio di oliva evo e servite.





Curiosità

 

Il setaccio, in siciliano Crivu, veniva utilizzato in varie trame destinate a diverse moliture di farina, a seconda della pietanza che si doveva preparare. Pertanto, per le farine  per dolci o pane, la trama era molto fitta, per il Pitirri, ad esempio, la trama era ed è media, poiché la farina è simile a quella della polenta.

 




venerdì 14 settembre 2018

Favi pizzicati (fave bollite semi-sgusciate)


Spicchi di storia


La ricetta prende il nome dal fatto che nella preparazione delle fave secche, si toglie solo la parte superiore della buccia (non del baccello). Infatti il “pizzico” è quella quantità minima tolta.
È un piatto tipico siciliano, utilizzato nella classe contadina e nelle famiglie povere che dopo avere effettuato il raccolto, essiccavano le fave per nutrirsi nel periodo invernale. Le fave diventarono un ingrediente molto importante, perché veniva impiegato anche come condimento per la pasta. La famosa pasta con le fave o “cu maccu”, che trovate nel mio blog.

Un tempo, infatti, non esistevano freezer né congelatori, quindi, i contadini e non solo loro, conservavano molti dei cereali raccolti in primavera/estate, per poterli gustare nel periodo invernale, grano incluso, con cui si fa la cuccìa. Oggi potete trovare le fave secche in tutti i grandi supermercati, sia con la buccia che senza.
Le fave, come altri cereali, furono la salvezza di molte famiglie povere e meno povere nei periodi di carestia.

Esse si conservavano in sacchi di juta e venivano utilizzate di volta in volta in diverse performance: con la pasta, come secondo o come unico piatto serale.
Ma….. quando i contadini avevano una ricorrenza o un matrimonio, in alcuni paesi, le fave venivano “calìate”, cioè abbrustolite con tutta la buccia e poi mangiate sciolte in bocca come caramelle. Il termine calìa, deriva dall’arabo “haliah”- abbrustolito.

Il piatto di favi pizzicati, che desidero proporvi, si gusta con le biete che noi, in Sicilia, chiamiamo “giri”, e con il brodo di cottura. La tipicità sta anche nel modo di mangiarle, ovvero, si prendono una alla volta e, premendo dalla parte bassa, si mangia l’interno che fuoriesce dalla parte dove, preliminarmente, viene privata della buccia, a mo’ di cappelletto.

Questa che vi propongo è la ricetta originale.

Proprietà nutrizionali della fava secca

Le fave secche conservano proprietà nutrizionali differenti da quelle fresche.
La fava è detta anche “la carne dei poveri”, ma impropriamente perché, invece, ha delle proprietà organolettiche ottime col vantaggio che è priva di grassi. Contengono: ferro, potassio, calcio, fosforo, magnesio, sodio selenio, rame e manganese. Vitamine del gruppo B, A e C.
Il manganese, in particolare, aiuta le funzioni del sistema nervoso endocrino poiché contribuisce alla sintesi dell’enzima antiossidante.
Inoltre, le fave secche sono utili nella prevenzione dell’artrite e dell’osteoporosi.
Le fave secche sono anche indicate nell’alimentazione delle donne in gravidanza poiché contengono il 44% del fabbisogno quotidiano di acido folico, molto utile per la funzionamento del sistema nervoso ed il midollo osseo.


Ricetta

Ingredienti per 4 persone
-       500 gr di fave secche con la buccia
-       2 mazzi di bietole a coste ben larghe che noi chiamiamo “giri”
-       3 spicchi di aglio grossi non spellati
-       sale
-       olio evo

Preparazione

Prendete le fave ad una ad una e privatele della buccia con un coltello, solo nella parte superiore, come se fosse un cappelletto.
Mettetele a bagno per una notte, in abbondante acqua e in una capiente scodella.
L’indomani mattina, scolatele bene e sciacquatele abbondantemente sotto l’acqua corrente, quindi, mettetele in una pentola, probabilmente di coccio, coprendole completamente con l’acqua altra acqua pulita. Aggiungete le biete tagliate a pezzetti e il sale. Fate cuocere per 30 minuti circa, girando di tanto in tanto con un cucchiaio di legno e controllatene la cottura. Perché non tutte le fave hanno la stessa durezza. Ponete la quantità che vi pare in piatti fondi con del brodo, aggiungete un cucchiaino di olio d’oliva e servite caldo.