Blog dedicato alla vera cucina siciliana, dagli antipasti ai dolci e ai gelati, alla corretta alimentazione....... e anche al turismo......

lunedì 11 dicembre 2017

Il pane casereccio e gli antichi grani siciliani



Ampio spazio ho riservato al "biondo di Sicilia" ovvero al grano siciliano, nel post della cuccìa. Qui desidero specificare i grani rimasti in commercio e....

La Sicilia conta una varietà vasta di grani che posseggono proprietà organolettiche rilevanti. Esattamente 52 cultivar.
Per condizioni politiche-economiche, i contadini, nei secoli, hanno preferito scegliere una varietà al posto di un’altra, inducendo, così, le aziende produttrici di pasta e pane, all’importazione di grani non di certo rientranti nella rosa dei “pregiati”.
Per dare un’idea di cosa producevano e producono, se pur in minor misura, oggi, i contadini, in Sicilia, vi elenco i grani siciliani, più antichi e pregiati, suddivisi in duri e teneri:
  • Maiorca
  • Perciasacchi
  • Russello
  • Tumminìa



 - Maiorca
È un grano tenero, e la farina, grazie alla sua versatilità e al basso contenuto di glutine, viene impiegata nella preparazione di prodotti dolci e salati. Tra i dolci, vi sono: i taralli o ciambelline, biscotti, e, mescolata a quella di mandorle, si realizza la pasta reale.
Tra i prodotti salati: grissini, pane bianco,
Nell’antichità, in Sicilia, nessuno utilizzava il termine farina 0 oppure 00, ma semplicemente farina di Maiorca.
Il grano Maiorca oggi viene coltivato nel comparto bio e venduto nei negozi specializzati.


Perciasacchi ovvero Kamùt (impropriamente detto)
UDITE, UDITE. Dire Perciasacchi o Kamùt è la stessa cosa, poiché è il famoso Triticum turgidum ssp. Turanicum.  Quindi, niente di esterofilo o di chissà quale conquista fatta da chi vuole speculare su una novità.
Kamùt è solo un marchio registrato da un canadese, Mr. Quinn, che lo esportò, coltivandolo in vaste distese del Canada. Oggi lo rivende, appunto, col marchio Kamùt. Pertanto, in Sicilia, il Perciasacchi si utilizza da secoli e secoli. Il termine perciasacchi in siciliano, buca sacchi in italiano, detto così, appunto, perché la sua consistenza elevata, buca i sacchi.

Il perciasacchi, quindi, grano siciliano, durissimo e grande, genera una farina per realizzare pane di grano di grano duro.
Tralasciando argomenti prettamente tecnici, voglio sottolineare alcune delle proprietà di questo grano:
-       possiede bassi livelli di micotossine, ossia, è resistente alle muffe. Queste muffe, prodotte da altri grani, causano effetti devastanti negli organi del nostro corpo.(reni, fegato, stomaco).
-       Ottimo per diabetici poiché possiede bassi livelli di indice glicemico
-       Ottimo per chi è sensibile al glutine (Gluten sensitivity) MA NON PER CHI È AFFETTO DA CELIACHIA.

- Russello.

Anch’esso è uno dei grani duri più antichi della Sicilia. La farina è utilizzata per produrre pane a pasta dura e integrale. Uno di questi, il Pane nero di Castelvetrano, farina mista ad altre farine importanti, quale la tumminia o timilia.
La farina viene utilizzata oltre che per il pane anche per pasta trafilata al bronzo. Risultano prodotti molto digeribili e dal particolare profumo vegetale. Oggi, è coltivato in versione bio e la farina si trova nei negozi specializzati.
È detto russello poiché la spiga è tendente al rosso.

-       Tumminia o tumilia

Anch’esso si annovera tra i grani più pregiati, il cui nome botanico è Triticum durum. La farina integrale viene utilizzata prevalentemente per la panificazione, ma anche per altri prodotti da forno. A basso contenuto di glutine ma di alto valore proteico, contiene una sostanza che dà benefici al cuore e al sistema immunitario, specialmente contro il tumore: la lignina.

Come detto, una buona percentuale della farina di tumminia va aggiunta al russello e ad altre varietà (come da disciplinare) per realizzare il Pane nero di Castelvetrano.
Grazie all’alto contenuto di fibre, diminuisce i valori glicemici e protegge l’organismo dalle intolleranze alimentari. Cosa che non avviene nutrendosi di pane bianco raffinato.

Vi sono altri grani che però sono difficili da reperire, poiché gli agricoltori, nel corso degli secoli, hanno preferito coltivare varietà che hanno una maggiore resa e un buon gusto.

Tutti i grani duri sono resistenti alla siccità e producono spighe alte e ricchi di chicchi grossi e duri che generano farine pregiate. Dette farine producono prodotti siciliani di qualità certificati.

Le farine dure vanno lavorate, rigorosamente, con il lievito madre, donando un profumo inconfondibile.












Pane casereccio con farine antiche e lievito madre
  • 500 gr farina perciasacchi
  • 100 gr farina tumminia
  • 350 gr acqua
  • 200 gr lievito madre
  • 10 gr Sale
  • 20 gr Olio d'oliva




Su una spianatoia di legno, mescolate le due farine e formate una fontana. Nel frattempo, in una ciotola capiente, versate dell’acqua tiepida e unitevi il lievito madre  sfarinandolo a pezzi grossi. Fatelo sciogliere. Poi, unitelo, pian piano alla farina. Impastate e quando l'impasto avrà assorbito tutta l'acqua, unite l'olio. Sul piano di lavoro versate un po’ di farina e lavorate l’impasto, dopo un po’ aggiungete il sale. Continuate ad impastare sino a quando otterrete un panetto omogeneo e liscio. Quindi, prendete una ciotola capiente e poggiatevi l’impasto, copritelo con ciotola con la pellicola e lasciatelo lievitare sino a che raddoppi. Contate da 10 a 12. Dipende dalla temperatura dell’ambiente e dalla forza del lievito madre. 
Trascorso il tempo necessario, prendete l’impasto e ponetelo sul piano di lavoro infarinato, e impastate per almeno 2 minuti. Poi, fate le forme che desiderate una o due, preferibilmente a pagnotta, infarinate la leccarda del forno, i panetti, infarinate anche la superficie e incideteli con un coltello formando una X e mettete a lievitare per altre 3 ore. Poi mettete la teglia in forno, pre-riscaldato da circa 30 minuti, a 220 gradi. Fate cuocere per 35/40 minuti ponendo la leccarda a metà forno. Controllate dall’esterno, senza aprire. La superficie dovrà risultare dorata. Trascorsi i 35/40 minuti spegnete e lasciate il pane per 10 minuti dentro il forno. Poi…………..Buon appetito.



N.B.:
- La durata della cottura dipende anche dal forno, io utilizzo quello elettrico che riscalda anche il livello superiore.
- Per quanto riguarda la lievitazione, ponete il pane a lievitare in una stanza dove non passa aria fredda né sbalzi di temperatura, oppure dentro il forno con la lucetta accesa, se panificate in inverno.
Se invece panificate in estate, basteranno meno ore. L’importante è osservare che il panetto raddoppi di volume.



lunedì 30 ottobre 2017

Il grano tra leggende e realtà nei vari culti - RICETTA ORIGINALE DELLA CUCCÌA




Spicchi di storia sulla cucina siciliana

Il grano. Tra leggende e realtà nei vari culti

C’è una leggenda mitologica che potrebbe essere raccontata ai bimbi come se fosse una favola. Le due figure protagoniste sono Cerere e Proserpina per i latini, Demetra e Persefone per i greci, madre e figlia.
Legate al grano, le due figure mitologiche assumono un ruolo dominante nell’antica civiltà greca e latina, e nel corso della colonizzazione dei Greci, in Sicilia, Cerere e Proserpina, rappresentarono, le dee madri.

 “Il ratto di Proserpina”.
La leggenda vuole che Proserpina, mentre raccoglieva i fiori presso il lago di Pergusa, in Sicilia, laddove, oggi, sorge il Parco di Proserpina, venne rapita da Ade, il dio dei morti, e gettata negli inferi. Ed è per questo che è detta anche dea degli inferi. Cerere, udito il grido della figlia, coprendosi con un velo nero e stringendo nelle mani fiaccole ardenti, per nove giorni vagó alla sua ricerca in tutta la terra. Stanca e distrutta dal dolore, si fermó ad Eleusi (Grecia), dove vi era un tempio consacrato a lei, per riposare, prendendo le sembianze di una vecchia. Elios, dio dell’astro solare, rivale di Ade, rivela alla dea che la figlia è stata rapita da quest’ultimo e che Zeus aveva deciso di dargliela in sposa. Adirata, Cerere fece cadere una terribile carestia sulla Terra, impedendo ai semi di germogliare. Zeus capendo che se non avesse fatto qualcosa per placare la sorella, il genere umano si sarebbe estinto e gli Dei non avrebbero più ricevuto sacrifici, chiese ad Ade di restituire Proserpina alla madre. Ade, prima di restituirgliela, fa mangiare alla fanciulla un chicco di melograno, cosicché avendo diviso del cibo con i morti, Proserpina non si sarebbe più distaccata dal mondo degli inferi. E così fu: Proserpina abiterà sei mesi sull’olimpo con la madre, dalla primavera, per poi tornare negli inferi con lo sposo, al momento della semina per altri sei mesi.
La leggenda è un’allegoria della natura e del ciclo della vegetazione, che muore e rinasce dal buio della terra.
Il grano, quindi, come metafora del ciclo vitale: nascita, morte e rinascita.

Il grano, pertanto, simbolo della rinascita, elemento principe nei rituali di diverse civiltà, costituisce da millenni la fonte primaria per l’approvvigionamento dei popoli.
Per accostare la "Commemorazione dei defunti" alle antiche usanze, occorre citare un rito molto diffuso nei culti antichi: "I misteri Eleusini". Essi racchiudono dei riti sacri abbinati al ciclo riproduttivo del grano. Un rito in cui Demetra (in greco) o Cerere (in latino) svelò dei segreti, come ringraziamento per le attenzioni ricevute nel periodo in cui cercava la figlia Kore (in greco) o Persefone (in latino). Un rito molto complesso, idilliaco e spirituale, che percorre processi iniziatici "al femminile", ovvero riferiti alla fecondazione, alla rinascita. 

Altra curiosità:
Nell’hinterland della Sicilia, nel giorno della commemorazione dei defunti, che si celebra sia il 1° novembre che il 2,  si consuma la cuccìa. Il motivo può essere ricercato nelle due versioni che ci hanno tramandato: per comodità o per collegare il grano alla rinascita dopo la morte?
Le donne meno erudite dell’epoca credo che lo facessero per comodità poiché trascorrevano l’intero giorno dinnanzi alla tomba dei loro cari. Alla sera, infreddolite, riscaldavano la cuccìa, che non scuoce, la condivano con del genuino olio di oliva e presto fatto, consumavano il pasto. Le donne più erudite, che davano spazio alle credenze mistiche, utilizzavano celebrare il giorno dei defunti, cibandosi solo del grano, segno della rinascita dopo la morte.
Diciamo l’utile misto alla mitologia.

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Santa Lucia e il bastimento carico di grano
Si narra che nell’anno 1646, il giorno 13 dicembre, Santa Lucia, arrivò un bastimento carico di grano, al porto di Palermo, in un momento in cui la città attraversava una pesante carestia, da diversi mesi. I palermitani, per consumare un pasto velocemente, decisero di cucinare il grano anziché farne della farina. Così lo bollirono e lo condirono con dell’olio di oliva. Nacque la cuccìa che, nel corso dei secoli,  subì varianti culinarie: con la ricotta e lo zucchero, con il cioccolato, con la crema, etc…. ma quello originale è solo con l’olio di oliva e del sale. In ricordo di quel giorno, i palermitani non consumano cibi a base di farina, ma solo cuccìa, nei vari modi e le arancine di riso, anch’esse nelle versioni dolci e salate.
Da dove derivasse il termine cuccìa non ci è dato sapere con certezza.
Alcuni sostengono che derivi dal greco Kokkía (grani), altri dal siciliano còccio (granello e antica unità di misura di massa e peso per i metalli preziosi usata a Palermo pari a 0,0551 grammi).



Ricetta originale - con l'olio di oliva

cuccìa con olio di oliva
Mettete a mollo per un giorno e una notte 200 grammi di grano, dopo averlo lavato accuratamente.
Trascorse le 24 ore, scolatelo e lavatelo sotto l’acqua corrente e ponetelo in una capiente pentola con abbondante acqua.


Lasciate cuocere per circa due ore controllando la consistenza dell'acqua che deve essere sempre abbondante, per evitare che cuocia bene e non si attacchi. Cinque minuti prima di spegnere il fuoco aggiungete del sale, a piacere. Lasciate raffreddare e aggiungete, per porzione, un cucchiaio di olio di oliva.

CONSIGLIO: io utilizzo la mia inseparabile pentola a pressione e risparmio tempo e gas. In questo caso e per chi ha dimestichezza, bastano 30 minuti.


Variante: Con la ricotta

Dopo che avrete cucinato il grano, senza sale, scolatelo e lasciatelo raffreddare.
Nel frattempo, prendete, per 200 grammi di grano, 400 grammi di ricotta di pecora. Mettete la ricotta in una scodella capiente e aggiungete 160 grammi di zucchero, un pò di cannella in polvere e una bustina di vaniglia. Lavorate a lungo sino ad ottenere un composto morbido e omogeneo. Quindi, aggiungete un cucchiaio di gocce di cioccolato e uno di frutta candita tagliata a piccoli pezzetti. Poi, unite il composto alla cuccìa e servite in ciotoline per creme. Ottima anche fredda da frigo.


cuccìa con la ricotta







sabato 21 ottobre 2017

Olive in salamoia




Chi ha la possibilità di raccogliere le olive, come me, anche se per diletto, può completare l’opera, conservandole in salamoia. Prima della raccolta lavate e sanificate i barattoli e conservateli bene, chiudendoli con i coperchi nuovi.

La lavorazione prevede due fasi
Prima fase: preparazione alla conservazione
Seconda fase: conservazione

Nella prima fase occorre lavorare le olive nella salamoia e cambiarla ogni 24 ore, procedendo in questo modo.
Prendete le olive e lavatele sotto l’acqua corrente e scolatele, poi ponetele in capienti insalatiere.
A parte preparate la concia e dovrà essere così composta:
- 100 gr di sale ogni litro di acqua

Fate sciogliere bene il sale e versate la salamoia sulle olive poste nelle insalatiere. Coprite con un piatto pressando le olive, metteteci un peso (barattolo pieno d’acqua o una bottiglia) e lasciate riposare. Alle 24 ore ripetete l’operazione per 5 giorni.
Se vedete una leggera muffa non preoccupatevi, è normale. L’importante è che sciacquiate bene ogni volta che ripetete l’operazione, sotto l'acqua corrente utilizzando un capiente scolapasta. E quando riversate le olive nell’insalatiera lavate quest’ultima con del bicarbonato non con il detersivo.

Nella seconda fase preparate la salamoia di “conservazione”: 110 gr di sale in un litro di acqua. Poi scolate le olive, sciacquatele e riempite i barattoli. Quindi, versatevi la salamoia e chiudete ermeticamente. Ponete i barattoli in un posto asciutto e fresco.
NON AGGIUNGETE RAMETTI DI AROMI NÈ ALTRO perché farebbe la muffa.

Dopo circa 4 mesi potrete gustare le olive. Scolatele, lavatele e conditele come vi pare.