Blog dedicato alla vera cucina siciliana, dagli antipasti ai dolci e ai gelati, alla corretta alimentazione....... e anche al turismo......

venerdì 14 settembre 2018

Favi pizzicati (fave bollite semi-sgusciate)


Spicchi di storia


La ricetta prende il nome dal fatto che nella preparazione delle fave secche, si toglie solo la parte superiore della buccia (non del baccello). Infatti il “pizzico” è quella quantità minima tolta.
È un piatto tipico siciliano, utilizzato nella classe contadina e nelle famiglie povere che dopo avere effettuato il raccolto, essiccavano le fave per nutrirsi nel periodo invernale. Le fave diventarono un ingrediente molto importante, perché veniva impiegato anche come condimento per la pasta. La famosa pasta con le fave o “cu maccu”, che trovate nel mio blog.

Un tempo, infatti, non esistevano freezer né congelatori, quindi, i contadini e non solo loro, conservavano molti dei cereali raccolti in primavera/estate, per poterli gustare nel periodo invernale, grano incluso, con cui si fa la cuccìa. Oggi potete trovare le fave secche in tutti i grandi supermercati, sia con la buccia che senza.
Le fave, come altri cereali, furono la salvezza di molte famiglie povere e meno povere nei periodi di carestia.

Esse si conservavano in sacchi di juta e venivano utilizzate di volta in volta in diverse performance: con la pasta, come secondo o come unico piatto serale.
Ma….. quando i contadini avevano una ricorrenza o un matrimonio, in alcuni paesi, le fave venivano “calìate”, cioè abbrustolite con tutta la buccia e poi mangiate sciolte in bocca come caramelle. Il termine calìa, deriva dall’arabo “haliah”- abbrustolito.

Il piatto di favi pizzicati, che desidero proporvi, si gusta con le biete che noi, in Sicilia, chiamiamo “giri”, e con il brodo di cottura. La tipicità sta anche nel modo di mangiarle, ovvero, si prendono una alla volta e, premendo dalla parte bassa, si mangia l’interno che fuoriesce dalla parte dove, preliminarmente, viene privata della buccia, a mo’ di cappelletto.

Questa che vi propongo è la ricetta originale.

Proprietà nutrizionali della fava secca

Le fave secche conservano proprietà nutrizionali differenti da quelle fresche.
La fava è detta anche “la carne dei poveri”, ma impropriamente perché, invece, ha delle proprietà organolettiche ottime col vantaggio che è priva di grassi. Contengono: ferro, potassio, calcio, fosforo, magnesio, sodio selenio, rame e manganese. Vitamine del gruppo B, A e C.
Il manganese, in particolare, aiuta le funzioni del sistema nervoso endocrino poiché contribuisce alla sintesi dell’enzima antiossidante.
Inoltre, le fave secche sono utili nella prevenzione dell’artrite e dell’osteoporosi.
Le fave secche sono anche indicate nell’alimentazione delle donne in gravidanza poiché contengono il 44% del fabbisogno quotidiano di acido folico, molto utile per la funzionamento del sistema nervoso ed il midollo osseo.


Ricetta

Ingredienti per 4 persone
-       500 gr di fave secche con la buccia
-       2 mazzi di bietole a coste ben larghe che noi chiamiamo “giri”
-       3 spicchi di aglio grossi non spellati
-       sale
-       olio evo

Preparazione

Prendete le fave ad una ad una e privatele della buccia con un coltello, solo nella parte superiore, come se fosse un cappelletto.
Mettetele a bagno per una notte, in abbondante acqua e in una capiente scodella.
L’indomani mattina, scolatele bene e sciacquatele abbondantemente sotto l’acqua corrente, quindi, mettetele in una pentola, probabilmente di coccio, coprendole completamente con l’acqua altra acqua pulita. Aggiungete le biete tagliate a pezzetti e il sale. Fate cuocere per 30 minuti circa, girando di tanto in tanto con un cucchiaio di legno e controllatene la cottura. Perché non tutte le fave hanno la stessa durezza. Ponete la quantità che vi pare in piatti fondi con del brodo, aggiungete un cucchiaino di olio d’oliva e servite caldo.





giovedì 13 settembre 2018

Insalata di arance originale


Insalata di arance



La vera insalata di arance siciliana è composta da semplici ingredienti, di seguito elencati. Ma, in alcuni paesi della Sicilia, l’insalata può subire variazioni, poichè alcuni degli ingredienti, pur se sposano bene con il piatto in questione, sono tipici di quell’area, come i finocchi. Questa è la ricetta originale.
Questo piatto può essere annoverato tra gli antipasti e le insalate.

Ingredienti per 4 persone

-       1 arancia grossa brasiliana
-       mezza cipolla rossa media
-       1 cucchiaio di capperi sott’aceto
-       olive nere snocciolate
-       aringa affumicata
-       sale
-       pepe
-       olio evo

Preparazione

Sbucciate l’arancia privandola della pellicina bianca e tagliatela a tocchetti piccoli, della misura di un dado. Pulite l’aringa affumicata e prendete una piccola parte, nella misura di un’alice, e spezzettatela.
Tagliate la cipolla a fette sottili e spremerla su di un piatto con una presa di sale abbondante, facendo uscire il liquido contenuto in essa. 

Poi sciacquatela sotto il rubinetto per eliminare il sale e mettetela dentro un piatto capiente, in cui aggiungerete il tutto, e anche i capperi CHE NON DEVONO ESSERE SOTTO SALE MA SOTT’ACETO E DEVONO AVERE UNA MISURA CONSIDEREVOLE, non piccola.


Poi condite con un cucchiaio di olio, rigorosamente di oliva, un pizzico di sale e mezzo cucchiaino di acqua. Mescolate bene, ponete in frigo per mezz’ora e servite.







Alternative
Se nn avete l’aringa, potrete sostituirla con le sarde salate. No alici.


aringhe affumicate



venerdì 8 giugno 2018

PIZZA....DI PANE...VELOCISSIMA




Quante ricette girano su internet per proporvi pizze superveloci a base di lieviti istantanei che, credetemi, nn sono per niente raccomandabili.

Che fare se avete voglia di una pizza, all’ultimo istante?
Tenete sempre un pane a pagnotta o a ciabatta di qualche giorno e procedete così.

Su una leccarda o su una teglia grande, posate il pane che avete scelto (a forma tonda o a ciabatta) e tagliatelo a metà.
A parte, fate un miscuglio di acqua, olio e poco sale, nella misura di tre cucchiai di acqua due di olio di oliva e sale. Mescolate bene e spruzzatelo sulle due metà. Dopo qualche minuto condite con acciughe, mozzarella, pomodoro a fette e una spolverata di origano.  Oppure, condite a vostro piacimento.
Ponete in forno, preriscaldato, a 160 gradi, sino a quando vedrete inscurire il pane sui bordi e sciogliere la mozzarella.
Potrete condire anche con polpa di pomodoro, formaggio grattugiato, tipo sfincione, o come vi pare.
Se, invece, volete realizzare forme più piccole, tenete da parte un filone di qualche giorno, anche duro. tagliate orizzontalmente delle fettine alte 2-3 cm. Se è molto duro, aiutatevi con il coltello grande a sega, bagnatelo nella bagna come descritta prima, condite a vostro piacere e infornate. Se è molto duro la bagna deve essere più abbondante. 
Sfornate e...Buon appetito.






giovedì 29 marzo 2018

L'uovo di Pasqua nel mondo





Il nome Pasqua deriva dall’ebraico Pesah, “passaggio”. Per essi, era il passaggio dalla terra di Egitto alla terra promessa. Per i cristiani è il passaggio di Gesù Cristo da materia a spirito, ovverosia, “trapasso”, come si osa dire nell’hinterland della Sicilia. E le antiche donne dell’Isola, il venerdi santo, fedelmente, aderivano al trapasso con il rigoroso digiuno.
L’agnello, nella religione cristiana assume il significato del sacrificio di Gesù morto in croce e risorto.
Ma, come ogni ricorrenza religiosa che conserva il sacrificio, anche la Pasqua manifesta un lato gioioso abbinato alla resurrezione ovvero alla rinascita. L’uovo. La più grande cellula vivente.
"Omne vivum ex ovo", cioè "tutti gli esseri viventi nascono dall’uovo".

Ma come si arriva all’utilizzo dell’uovo per simboleggiare la Pasqua?
L’uovo, sin dall’antichità, ovvero, sin da prima del cristianesimo, ha assunto il significato di sacralità e di nascita:  l’uovo primordiale che conserva il seme della vita, come significazione della nascita del Cosmo. Esso è stato anche utilizzato dalle antiche civiltà del sud est europeo, India, Indonesia, Iran, Grecia, Russia, testimoniato da resti di uova di creta ritrovate, nelle tombe.

Gli egiziani credevano che l’uovo fosse il centro dei quattro elementi: fuoco, acqua, terra e aria;
i Persiani festeggiavano l'arrivo della primavera regalando uova di gallina, poiché l'usanza di regalare le uova si  associa alla coincidenza che la Pasqua è una festa che ricade sempre in primavera, stagione della rinascita e della della natura.

L’uovo si collega anche alla leggendaria araba Fenicia, mitico uccello, detto anche Uccello di fuoco,  che rinasceva dalle ceneri e che prima di morire preparava un nido a forma d’uovo, su cui si appollaiava e si lasciava incenerire dai raggi solari. Dalle ceneri si formava l’uovo e da esso l’Uccello di Fuoco rinasceva.
Fenicia- Uccello di Fuoco


Nella mitologia cinese esiste una divinità, simbolo della creazione, chiamata Pan Gu, originatasi da un enorme uovo galleggiante nello spazio cosmico. Quando l’uovo si aprì, dopo 18 mila anni, generò la terra, il cielo. 
Pan-Gu


Anche in India esiste l’uovo primordiale che generò la terra, il cielo, le montagne ed il sole. Quest’ultimo rappresentato dal tuorlo.

Eurinome, Ofione e l’Uovo Universale. Anche in Grecia l’uovo universale ebbe lo stesso significato, quando ancora non erano “nati gli dei”.
Eurinome 
Ofione
Eurinome era la dea universale “che vaga in ampi spazi”, nata dal caos, vagò per lo spazio, poiché non aveva possibilità di posarsi su qualcosa di solido, e generò il vento che si trasformò in serpente, Ofione, con cui si accoppiò e rimase incinta, ma subito assunse la forma di una colomba. Volò in cielo e depose l’Uovo Cosmico, da cui nacquero: il sole, la luna, le stelle, i pianeti, la terra e tutto ciò che ci circonda.

   
   





Persino gli antichi Sumeri, Babilonesi e Cananei, credevano all’uovo primordiale, che secondo al mitologia, fu deposto da una colomba che sorvolava le acque ancestrali.

L’uovo assume un significato mistico-cosmogonico e, nel tempo, quello della rinascita della natura nel periodo primaverile.  Con l’avvento del Cristianesimo, l’uovo cosmico non assume più l’aspetto del “creatore” ma simbolo della rinascita del Cristo, la resurrezione. L’uovo apotropaico dell’equinozio della Primavera, diviene l’emblema del rinnovamento della civiltà cristiana. Da qui, si rivela il significato delle uova di alabastro ritrovate nelle catacombe romane, simbologicamente presente nei riti e nelle iconografie pasquali.
Un tempo, infatti, il giovedì Santo, si usava deporre un uovo di struzzo nel sepolcro insieme con l’Eucarestia. L’uovo veniva ritirato il giorno di Pasqua, detto anche Domenica dell’uovo.

Nel Medioevo i cristiani, nel periodo pasquale, donavano uova vere consacrate che chiunque le mangiasse, poteva partecipare al rito-grazia della Risurrezione.
In seguito l’uovo, pur mantenendo la stessa sacralità, fu “creato” d’oro e d’argento, per lo scambio tra nobili, talvolta, abbellito di pietre preziose. Famoso quello Fabergé, creato per la zarina Maria, nel 1883.




Il popolo, nei secoli, e sino a qualche decennio fa, decorava le uova sode, ponendole nelle ceste, o inserendole in impasti di pasta dolce per i bambini, creando i panierini, “panareddi” in siciliano, o “pupi cull’ova” ovvero, pupi con le uova, o forme di pane dolciastro riempito di uova. Una tradizione, a tutt’oggi, seguita in alcune parti dell’Italia, specialmente al Sud.



panierini di pasta dolciastra con uova sode

Ma nei secoli, trionfa anche l’uovo di cioccolato: fondente, dolce, bianco, nocciolato, e così via.
Il primo uovo di cioccolato fu realizzato intorno alla seconda metà dell’800, grazie ad un dolciere inglese, il cui spessore non era uniforme. In Italia, ebbe un’evoluzione più perfetta, e nei primi del ‘900, si inserirono le sorprese.

Qui finisce la sacralità dell’uovo ed inizia il valore commerciale, per la gioia di grandi e piccini.