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lunedì 30 ottobre 2017

Il grano tra leggende e realtà nei vari culti - RICETTA ORIGINALE DELLA CUCCÌA




Spicchi di storia sulla cucina siciliana

Il grano. Tra leggende e realtà nei vari culti

C’è una leggenda mitologica che potrebbe essere raccontata ai bimbi come se fosse una favola. Le due figure protagoniste sono Cerere e Proserpina per i latini, Demetra e Persefone per i greci, madre e figlia.
Legate al grano, le due figure mitologiche assumono un ruolo dominante nell’antica civiltà greca e latina, e nel corso della colonizzazione dei Greci, in Sicilia, Cerere e Proserpina, rappresentarono, le dee madri.

 “Il ratto di Proserpina”.
La leggenda vuole che Proserpina, mentre raccoglieva i fiori presso il lago di Pergusa, in Sicilia, laddove, oggi, sorge il Parco di Proserpina, venne rapita da Ade, il dio dei morti, e gettata negli inferi. Ed è per questo che è detta anche dea degli inferi. Cerere, udito il grido della figlia, coprendosi con un velo nero e stringendo nelle mani fiaccole ardenti, per nove giorni vagó alla sua ricerca in tutta la terra. Stanca e distrutta dal dolore, si fermó ad Eleusi (Grecia), dove vi era un tempio consacrato a lei, per riposare, prendendo le sembianze di una vecchia. Elios, dio dell’astro solare, rivale di Ade, rivela alla dea che la figlia è stata rapita da quest’ultimo e che Zeus aveva deciso di dargliela in sposa. Adirata, Cerere fece cadere una terribile carestia sulla Terra, impedendo ai semi di germogliare. Zeus capendo che se non avesse fatto qualcosa per placare la sorella, il genere umano si sarebbe estinto e gli Dei non avrebbero più ricevuto sacrifici, chiese ad Ade di restituire Proserpina alla madre. Ade, prima di restituirgliela, fa mangiare alla fanciulla un chicco di melograno, cosicché avendo diviso del cibo con i morti, Proserpina non si sarebbe più distaccata dal mondo degli inferi. E così fu: Proserpina abiterà sei mesi sull’olimpo con la madre, dalla primavera, per poi tornare negli inferi con lo sposo, al momento della semina per altri sei mesi.
La leggenda è un’allegoria della natura e del ciclo della vegetazione, che muore e rinasce dal buio della terra.
Il grano, quindi, come metafora del ciclo vitale: nascita, morte e rinascita.

Il grano, pertanto, simbolo della rinascita, elemento principe nei rituali di diverse civiltà, costituisce da millenni la fonte primaria per l’approvvigionamento dei popoli.
Per accostare la "Commemorazione dei defunti" alle antiche usanze, occorre citare un rito molto diffuso nei culti antichi: "I misteri Eleusini". Essi racchiudono dei riti sacri abbinati al ciclo riproduttivo del grano. Un rito in cui Demetra (in greco) o Cerere (in latino) svelò dei segreti, come ringraziamento per le attenzioni ricevute nel periodo in cui cercava la figlia Kore (in greco) o Persefone (in latino). Un rito molto complesso, idilliaco e spirituale, che percorre processi iniziatici "al femminile", ovvero riferiti alla fecondazione, alla rinascita. 

Altra curiosità:
Nell’hinterland della Sicilia, nel giorno della commemorazione dei defunti, che si celebra sia il 1° novembre che il 2,  si consuma la cuccìa. Il motivo può essere ricercato nelle due versioni che ci hanno tramandato: per comodità o per collegare il grano alla rinascita dopo la morte?
Le donne meno erudite dell’epoca credo che lo facessero per comodità poiché trascorrevano l’intero giorno dinnanzi alla tomba dei loro cari. Alla sera, infreddolite, riscaldavano la cuccìa, che non scuoce, la condivano con del genuino olio di oliva e presto fatto, consumavano il pasto. Le donne più erudite, che davano spazio alle credenze mistiche, utilizzavano celebrare il giorno dei defunti, cibandosi solo del grano, segno della rinascita dopo la morte.
Diciamo l’utile misto alla mitologia.

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Santa Lucia e il bastimento carico di grano
Si narra che nell’anno 1646, il giorno 13 dicembre, Santa Lucia, arrivò un bastimento carico di grano, al porto di Palermo, in un momento in cui la città attraversava una pesante carestia, da diversi mesi. I palermitani, per consumare un pasto velocemente, decisero di cucinare il grano anziché farne della farina. Così lo bollirono e lo condirono con dell’olio di oliva. Nacque la cuccìa che, nel corso dei secoli,  subì varianti culinarie: con la ricotta e lo zucchero, con il cioccolato, con la crema, etc…. ma quello originale è solo con l’olio di oliva e del sale. In ricordo di quel giorno, i palermitani non consumano cibi a base di farina, ma solo cuccìa, nei vari modi e le arancine di riso, anch’esse nelle versioni dolci e salate.
Da dove derivasse il termine cuccìa non ci è dato sapere con certezza.
Alcuni sostengono che derivi dal greco Kokkía (grani), altri dal siciliano còccio (granello e antica unità di misura di massa e peso per i metalli preziosi usata a Palermo pari a 0,0551 grammi).



Ricetta originale - con l'olio di oliva

cuccìa con olio di oliva
Mettete a mollo per un giorno e una notte 200 grammi di grano, dopo averlo lavato accuratamente.
Trascorse le 24 ore, scolatelo e lavatelo sotto l’acqua corrente e ponetelo in una capiente pentola con abbondante acqua.


Lasciate cuocere per circa due ore controllando la consistenza dell'acqua che deve essere sempre abbondante, per evitare che cuocia bene e non si attacchi. Cinque minuti prima di spegnere il fuoco aggiungete del sale, a piacere. Lasciate raffreddare e aggiungete, per porzione, un cucchiaio di olio di oliva.

CONSIGLIO: io utilizzo la mia inseparabile pentola a pressione e risparmio tempo e gas. In questo caso e per chi ha dimestichezza, bastano 30 minuti.


Variante: Con la ricotta

Dopo che avrete cucinato il grano, senza sale, scolatelo e lasciatelo raffreddare.
Nel frattempo, prendete, per 200 grammi di grano, 400 grammi di ricotta di pecora. Mettete la ricotta in una scodella capiente e aggiungete 160 grammi di zucchero, un pò di cannella in polvere e una bustina di vaniglia. Lavorate a lungo sino ad ottenere un composto morbido e omogeneo. Quindi, aggiungete un cucchiaio di gocce di cioccolato e uno di frutta candita tagliata a piccoli pezzetti. Poi, unite il composto alla cuccìa e servite in ciotoline per creme. Ottima anche fredda da frigo.


cuccìa con la ricotta







sabato 21 ottobre 2017

Olive in salamoia




Chi ha la possibilità di raccogliere le olive, come me, anche se per diletto, può completare l’opera, conservandole in salamoia. Prima della raccolta lavate e sanificate i barattoli e conservateli bene, chiudendoli con i coperchi nuovi.

La lavorazione prevede due fasi
Prima fase: preparazione alla conservazione
Seconda fase: conservazione

Nella prima fase occorre lavorare le olive nella salamoia e cambiarla ogni 24 ore, procedendo in questo modo.
Prendete le olive e lavatele sotto l’acqua corrente e scolatele, poi ponetele in capienti insalatiere.
A parte preparate la concia e dovrà essere così composta:
- 100 gr di sale ogni litro di acqua

Fate sciogliere bene il sale e versate la salamoia sulle olive poste nelle insalatiere. Coprite con un piatto pressando le olive, metteteci un peso (barattolo pieno d’acqua o una bottiglia) e lasciate riposare. Alle 24 ore ripetete l’operazione per 5 giorni.
Se vedete una leggera muffa non preoccupatevi, è normale. L’importante è che sciacquiate bene ogni volta che ripetete l’operazione, sotto l'acqua corrente utilizzando un capiente scolapasta. E quando riversate le olive nell’insalatiera lavate quest’ultima con del bicarbonato non con il detersivo.

Nella seconda fase preparate la salamoia di “conservazione”: 110 gr di sale in un litro di acqua. Poi scolate le olive, sciacquatele e riempite i barattoli. Quindi, versatevi la salamoia e chiudete ermeticamente. Ponete i barattoli in un posto asciutto e fresco.
NON AGGIUNGETE RAMETTI DI AROMI NÈ ALTRO perché farebbe la muffa.

Dopo circa 4 mesi potrete gustare le olive. Scolatele, lavatele e conditele come vi pare.

Pasta "veloce"



Questa ricetta è l’ideale per chi va di fretta e non disdegna l’aglio. Ma potreste farne a meno anche se perde l’autenticità.
È ottima per le spaghettate improvvise e stare in allegra compagnia.
Il condimento potrà essere utilizzato per qualsiasi formato di pasta. È preferibile, quando si è in tanti, utilizzare la pasta corta. Io preferisco le conchigliette.

Ingredienti per 4 persone


  •        400 gr di pasta formato conchigliette
  •        4 cucchiai di caciocavallo grattugiato o pecorino
  •        4 foglie di basilico
  •        un cucchiaio di granella di mandorle
  •         4 pomodori ben maturi
  •        sale q.b.
  •         1 cucchiaino di olio al peperoncino o pepe
  •        olio di oliva
  •        4 spicchi di aglio

Procedimento

Lavate bene i pomodori, fate un leggero taglio a croce sopra, sul lato dove non c’è il picciolo. Buttateli nell’acqua bollente e dopo circa 5 minuti di bollitura, scolateli e privateli della pellicina.

Nel frattempo fate bollire dell’acqua per la pasta.

Dopo che i pomodori sono spellati, tagliuzzateli e schiacciateli leggermente in una scodella capiente, versatevi l’aglio crudo tritato, il sale, la granella di mandorle l’olio al peperoncino, un pizzico di sale. Amalgamate il tutto e versate in una padella dai bordi alti e aspettate che cucini la pasta MOLTO AL DENTE.

Scolate la pasta e conservate una tazza di brodo. Quindi versatela nella padella col composto e mantecate per 1 minuto a fuoco moderato. Spegnete e aggiungete, 4 cucchiai di olio di oliva, il basilico, il formaggio e mescolate bene. se volete che la asta sia più umida, aggiungete qualche cucchiaio di brodo di pasta su ogni piatto. Servite. e ........
B U O N  A  P P E T I T O

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Torta salata di melanzane e patate o polpette



Una torta salata vegetariana innocua per chi non puo’ mangiare il fritto e i grassi. Morbida e ottima per tutte le età. In alternativa, potete realizzare delle polpette.

Ingredienti

-       4 melanzane grosse violacee (non nere)
-       2 patate grosse
-       1 uovo
-       pan grattato 2 cucchiai
-       menta, prezzemolo
-       50gr di formaggio grattugiato (quello che vi piace)
-       sale q,b,
-       olio di oliva
-       noce moscata


Preparazione
La sera prima cucinate le melanzane violacee che risultano più dolci rispetto a quelle nere, prima di averle lavate bene e tagliate a dadi.
Metteteli in un colapasta e lasciateli colare tutta la notte.
Il giorno seguente, cucinate le patate dopo averle pelate, quindi schiacciatele e unitele alle melenzane in una capiente ciotola. Poi,  aggiungete, poco per volta e mescolando bene, l’uovo, il pangrattato, il formaggio e gli aromi, in ultimo il sale, e un pizzico di noce moscata.

Se l’impasto vi sembra troppo morbido, aggiungete un altro cucchiaio di pangrattato e mescolate bene.

Prendete una teglia antiaderente e ungetela con l’olio, poi versatevi l’impasto e spolverate con un poco di pangrattato e formaggio grattugiato.
Mettete in forno, preriscaldato, a 160 gradi. Appena la superficie si sarà dorata, uscite la teglia dal forno e ponete la torta in un grande piatto di portata, lasciate intiepidire e servite.

VARIANTE

Se volete potrete realizzare delle polpette croccanti, con lo stesso impasto. Procedete così.
Dopo che avrete aggiunto tutti gli ingredienti all'impasto, aggiungete un totale di 80 grammi di pangrattato e mescolate bene. Fate raffreddare per un quarto d'ora in frigo nella parte più fredda e poi formate delle palline e friggetele.
Se volete una maggiore croccantezza, rotolate le polpette nel pangrattato oppure nel corn flakes e friggete in olio di semi abbondante. 
Oppure, se nn amate il fritto, mettete in forno ponendo le polpette su una leccarda ricoperta di carta da forno.